venerdì 26 agosto 2011

Senza più dèi, oggi impariamo a conoscere i sentimenti attraverso la letteratura che ci insegna cos'è l'amore in tutte le sue varianti, e cosa sono il dolore, la disperazione, la speranza, la noia, lo spleen, la tragedia, la gioia.

Forse due post in un giorno solo, e a distanza di poche ore, sono un po' troppo.
Però nell'elenco precedente ho dimenticato di citare quella che sarà la mia nuova casa. A Losanna, ma non a Losanna (evidentemente per me la periferia è una condizione di vita). Misantropa, ma non sociopatica, spero. Vicino all'università, e, mi dicono, vicina al lago. Lontana dal centro, ma, si spera, vicino a qualcos'altro. Insomma, ho davanti a me tre settimane di aspettative, sogni e paure, e attese.

*

E poi c'è quanto segue, ovvero l'ultima pagina di D di domani (?!). Che da sempre è di Galimberti, e quindi filosofica e spesso complicata, ma questa è anche deliziosamente classicista (cfr titolo del post).



Professore, ma che me ne faccio di Dante?
Racconta la tradizione che, quando chiesero ad Aristotele: "A cosa serve la filosofia?", la sua risposta fu: "A nulla, perché la filosofia non è una serva"
Risponde Umberto Galimberti
La prima lezione di letteratura per un insegnante di liceo è la più difficile. Lo è perché, nel tentativo di spiegare cos'è la letteratura, si troverà a rispondere alla domanda: "A cosa serve la letteratura?", che puntualmente gli studenti gli porranno.
Mi sono trovato a dover convincere i ragazzi che quello che avremmo letto e studiato tutto l'anno sarebbe servito a qualcosa, e con mille citazioni, più o meno colte, e più o meno adeguate, ho tentato pure di dire a cosa. Mi sono sentito spesso un pazzo, che scimmiottava qualche strampalato professore da film, e penso alla fine di non aver raggiunto il mio scopo. I ragazzi hanno sì apprezzato la prima lezione, ma già alla quarta o quinta il commento: "Ma cosa me ne faccio di Dante?" era trattenuto a stento.
Lei come convincerebbe i giovani di oggi dell'importanza e dell'utilità della lettura? Cosa direbbe, o farebbe leggere loro? Perché i ragazzi chiedono l'utilità di ogni materia ("Che me ne faccio dell'analisi logica?", "A che serve la storia?"), come se avesse senso studiare solo quello che immediatamente garantisce un tornaconto?
Prof. D.

Dal momento che vent'anni di televisione commerciale hanno fatto perdere ai nostri ragazzi qualsiasi interesse per la cultura, e dal momento che il denaro è diventato, soprattutto negli ultimi anni, il generatore simbolico di tutti i valori, è ovvio che, non capendo più che cosa è bello, che cosa è buono, che cosa è giusto, che cosa è sacro, i nostri ragazzi capiscano solo che cosa è utile. E da questo punto di vista la letteratura è proprio inutile. Anche se ogni cosa è utile a qualcos'altro, e questo qualcos'altro è utile a qualcos'altro ancora, per cui se non si approda a qualcosa di inutile, tutte le catene di utilità diventano insignificanti e prive di senso.
Ma siccome questo è un ragionamento e i giovani d'oggi non sono particolarmente attratti dai ragionamenti, lei, caro professore, potrebbe informare i suoi allievi che la letteratura serve per educare i nostri sentimenti, che non abbiamo come dote naturale ma come evento culturale. La natura infatti ci fornisce gli "impulsi" che hanno come loro espressione non la parola, ma i gesti. Il bullismo, per esempio, non è un fenomeno di mancata educazione, ma un vero e proprio arresto psichico di chi non si è evoluto dall'impulso per pervenire all'emozione.
L'"emozione" è già un evento psichico che segnala la risonanza emotiva che gli eventi del nostro mondo, e le risposte che noi diamo a essi, producono in noi. Quando i nostri giovani dicono che al sabato sera in discoteca si calano una pastiglia di ecstasy per "emozionarsi", segnalano che per passare dall'impulso all'emozione hanno bisogno della chimica. E così denunciano che la loro psiche è apatica e non registra alcuna risonanza emotiva a quanto in generale avviene intorno a loro. Quanti delitti o spaventosi atti di crudeltà avvengono senza movente, per la mancanza di una risonanza emotiva relativa ai propri gesti che i nostri ragazzi chiamano "noia"?
Dall'emozione si passa al "sentimento", che non è un tratto naturale, ma culturale. A differenza dell'emozione, il sentimento è un elemento cognitivo. Kant dice ad esempio che la differenza tra il bene e il male ognuno la "sente" naturalmente da sé. Le mamme capiscono i bisogni dei loro neonati, che ancora non parlano, perché li amano. Gli innamorati capiscono il significato recondito di ogni gesto dell'altro, perché si amano.
Tutti i popoli hanno imparato i sentimenti attraverso narrazioni mitiche. Se guardiamo l'Olimpo degli antichi Greci, vediamo che gli dèi altro non sono che la descrizione delle passioni e dei sentimenti umani: Zeus il potere, Atena l'intelligenza, Afrodite la sessualità, Ares l'aggressività, Apollo la bellezza, Dioniso la follia. Senza più dèi, oggi impariamo a conoscere i sentimenti attraverso la letteratura che ci insegna cos'è l'amore in tutte le sue varianti, e cosa sono il dolore, la disperazione, la speranza, la noia, lo spleen, la tragedia, la gioia. Una volta appresi questi sentimenti, siamo in grado di conoscere quello che proviamo, e, grazie alla descrizione letteraria, anche il corso e l'evoluzione del nostro stato d'animo. Questo è molto importante, perché è angosciante soffrire senza sapere di che cosa, così come suicidarsi perché l'angoscia non conosce il percorso dei sentimenti e il loro approdo, che un tempo i miti descrivevano, e oggi la letteratura descrive.

À bientôt

Partire è un po' morire. Ma allora forse tornare è un po' rinascere - e io torno tra tre settimane. Se lo portassi, sarebbe il lutto più breve della storia.

Ci sono cose che non mi piacciono a Losanna. Ma ce ne sono altre che mi piacciono molto, invece (e per fortuna).

Più mi tutto mi piace che sono qui da nemmeno un mese, e già un po' mi sono ambientata. E ho (ri)dimostrato a me stessa che sono misantropa sì, ma non sociopatica (c'è un limite a tutto). E tornare qui in settembre, e conoscere già qualcuno, mi fa sentire accolta e non sbarcata sulla Luna.

Camminare sotto il sole, e scalare la città.
Il vento e la pioggia che dura nemmeno dieci minuti, il tempo di lavarti la maglietta (bianca).
Hamburger crassi con patatine e maionese, birra in bicchieri di plastica, e poi tutti accampati sulle scale come a un grande bottellon.
Barbecue casuali, e birra ignorante.
Francese ancora più casuale, e ancora più ignorante.
ECHECATZO.
Gente che esce di casa anche in pigiama, e nessuno che lo trova strano.
Dolci ipercalorici (vi aspetto al varco insieme all'inverno).
Place de la Riponne (con l'angolo dei tossici).
Starbucks.
Parlare tutte le lingue del mondo e ciascuno la propria, e capirsi comunque.
Procedere per luoghi comuni.
Sconvolgere i luoghi comuni anche solo per il gusto di farlo.
Nel dubbio, ritrovarsi al Great Escape.
Finire a vedere dei film intellettuali, in sale misconosciute, con "ehi, ma quanti siete stasera" in una sala con una decina di persone.
Darsi appuntamento tra un mese come se fosse tra due ore.

E poi un numero spropositato di gente sposata. C'è così tanto amore in Svizzera?

Altre cose che abbondano: parrucchieri, ongleries, gente che gira in monopattino (ma è la cosa più sfiancante del mondo!), caffè troppo lunghi per essere ristretti, gentilezza, cliché ("J'adore l'italien!J'adore l'Italie!" Singing people all over the world), anche se non si capisce bene perché.

Ora scusatemi, ho un rendez-vous (com'è incredibilmente francese e cool dirlo!) davanti a un caffè e una fetta di dolce, e a un bel po' di gossip (che, quello, non manca mai nemmeno oltralpe).

lunedì 15 agosto 2011

Ti rendi conto di essere italiana quando è Ferragosto e ti vien voglia di grigliare.

Le radici italiane riemergono prepotentemente quando è Ferragosto, sei da sola in un Paese che non conosci e che non festeggia la sacra festa del 15 Agosto, piove, corricchi su Pont Chauderon per arrivare alla fermata, e pensi che in fondo si potrebbe grigliare qualcosa. Tipo il gatto che si è infilato sotto il tuo letto e si è rifiutato di uscire, nonostante spendessi venti preziosi minuti a cercare di convincerlo. Poi pensi ai quaranta gradi all'ombra di casa, amici che organizzano riunioni mangerecce/beverecce, parentame che festeggia a caso, griglie sfrigolanti, birra fredda... ferma là, nuvolabarocca, non sarà nostalgia questa?

Accadde un Ferragosto (svizzero).

Ormai perfettamente collaudata dopo una settimana, mi sveglio-aspettochelasvegliarisuoni-spengolasveglia-alzo-lavo-colaziono-provvedoaigatti-vesto-esco in un'ora. Nell'aprire la porta della camera, un gatto si infila sotto il mio letto. Dopo venti minuti è ancora lì, lascio una richiesta di aiuto a V. sul frigo, e scappo.

Piove. Anche sotto il mio ombrello.

Il primo bus è troppo pieno. Il secondo idem ma salgo lo stesso.
Maledizioni contro gli svizzeri che a) non festeggiano Ferragosto b) non sono così precisi nei trasporti come vorrebbero far credere c) si approfittano (pure loro!) dell'intimità pendolare della mattina per il giochino della mano morta.

Alle 9 quasi .15 sono puntualissima in Università. Ha smesso di piovere, ovviamente.

Mi lamento che dovrei studiare di più, francese e altro, ma poi non mi applico. Come al solito.

Celebro il mio Ferragosto nell'unico modo che posso, andando in giro a perdere tempo il pomeriggio, sotto il sole che brucia (anche se poi, inspiegabilmente, torna la pioggia per dieci minuti). Chiacchiero seduta a un tavolino colorato con vista sui tetti, il sentimento è un po' ma-cosa-ci-faccio-qui, però bello.

La ricerca di una casa offre ancora nuove emozioni. Sembravamo diretti a un happy end, ora comincia l'ansia. E l'incubo burocratico.

La ricerca di una casa offre ancora nuove emozioni #2. Ricevere un messaggio che "Tu veux quand meme passer? Ou faire un tour à Lausanne?" da un tizio mai visto, salvato in rubrica come "Studio à Tivoli".

Pensare di cucinare con giudizio, e finire ad abboffarsi di roba fredda mescolata e altra che non dovrebbe mai essere stata scaldata, non in quel modo.

Mamma è a casa! Si occuperà lei dell'incubo burocratico, ora? (No. Niente più dormire sul sedile posteriore dell'auto, mentre mamma e papà pensano a tutto. Tienimi la mano, ciccio). (La parentesi precedente, per chi non ci fosse arrivato, è una citazione più o meno accurata di una striscia dei Peanuts).

Parlare su skype. Scherzare, e poi finire ad affrontare non si sa come i grandi temi della vita. Non sono pronta. Non sono pronta per la vita vera, ma lei è già qui.

E com'è andata la Festa di Mezz'Estate all'Isola dei Gabbiani? Faceva la ruota, la gonna di Karin? Hanno fatto il bagno vestiti, Pelle e Melina? (Ma è successo tutto da solo!) Sai cosa, zio Melker? Ci dobbiamo andare. Ci dobbiamo andare sul serio, prima di Prisca e Ginevra. Poi, quando sarà tempo, anche con loro.

domenica 14 agosto 2011

Musique du matin dimanche

Losanna è tranquilla la domenica mattina.
Ti fa svegliare con le nuvole, così non ti costringe a pensare "potrei togliermi il pigiama e andare a fare un giro".

Da qui vedo i tetti, il lago e le montagne. E il sole, che è arrivato a scaldare le strade, perché senza sole non è domenica.

Domenica è attesa: del lunedì, della conferma per l'alloggio, della spesa dell'indomani (me la prendo, una marmellata di ciliegie? Ho bisogno di dolce, ma non finirò col nausearmi?), del pranzo (non ne ho veramente voglia), delle pulizie (ancora un'oretta di dolce far nulla).

La domenica prima di Ferragosto è silenziosa a Losanna. Qualche macchina e qualche voce (e i miagolii alla finestra a svegliarti da sogni confusi).

Nello zaino ho una foto che vira all'azzurro. Non ho bisogno di guardarla ancora per ricordarmela.
Miss you, guys.

(Cosa fate ora? Organizzate qualcosa per domani? Qui in Elvezia manco festeggiano, vorrei essere lì a grigliare con voi!)

*

Mi stiracchio nella mia deliziosa solitudine (V. è al lavoro, C. a Parigi, i gatti hanno mangiato e mi lasciano in pace).

French toast?

lunedì 8 agosto 2011

Todo cambia

Ci siamo. Ormai è da Natale (no, molto prima) che ci penso, e da mesi che ci fantastico su.
Sono a Losanna, che è come dire in un paese in uno Stato fuori dall'Europa pur essendo al centro dell'Europa. Sola. Per la prima volta, sono completamente sola.

E questo mi spaventa e mi esalta in pari misura. Logico, a casa sembra sempre tutto meraviglioso.
La realtà è che questo è il mio terzo giorno qui, ed è cambiato tutto.

Troppi cambiamenti e troppo in fretta.

Da zitella felice e pronta a partire nel mondo sconosciuto, eventualmente incontrando diversi affascinanti sconosciuti lungo la strada, mi trovo più o meno impegnata, in una situazione non definita e che non so come definire.

Da "unica del mio corso a non portare gli occhiali" mi ritrovo giovedì pomeriggio (il giorno prima della partenza) a sentirmi dire: "li devi togliere solo per dormire e lavarti la faccia". Quando la mattina ti svegli, e solo dopo esserti vestita ti ricordi che c'è un'altra cosa da fare, e indossi gli occhiali, e ti rendi conto che quella non è la tua faccia, il fatto di trovarsi in un altro Stato passa in secondo piano o quasi.

Che, in un certo senso, per fortuna che sono dovuta correre dall'ottico supplicandolo di farmi subito un paio di occhiali ("Certo, scegli la montatura...": seguono incomprensioni madre/figlia. "Ma perché non vuoi questi con la montatura sottile? Sono così BELLI, ti stanno così BENE!" "Perché sembro una bambina delle elementari, ecco perché. Mi dia quelli da nerd"; "Ma... perché neri?!" "La mia giovinezza è finita. Sì, mi piacciono questi, sembro una prof acida e cattiva" "Tu... mi spezzi il cuore!" "Vabbè. Posso prenderli?" "Sì, almeno non sono TROPPO squadrati. E c'è un po' di bianco a darti un'aria meno truce". "Ah-ha. Sono D&G comunque." "COSA?!").

Perché mentre madre e figlia siedono in attesa, si scopre che alla dogana, in Svizzera, fanno storie se hai la carta d'identità rinnovata con un timbro. Gli elvetici, bontà loro, hanno deciso che il timbro di rinnovo per 5 anni, il timbro, sottolineo, dello Stato italiano, non è valido. Quindi, venerdì mattina tutti in piedi alle 7, alle 9 pronti con le valigie in macchina ad aspettare di fare le fototessere, poi in attesa fino alle dieci di fronte all'anagrafe... e finalmente si parte! (Ovviamente, nessun doganiere "Hans" ci ha fermato chiedendoci la carta. vibrate proteste dal sedile posteriore: "Ma come, finalmente ho una foto semi decente e nessuno al vuole vedere??!")

La madre non ritiene sia necessario spendere 40 CHF di vignetta per la figlia, quindi niente autostrada. Si fa quella che si scopre essere la via del vino (il celebre vino svizzero, tra l'altro... bah).

Seguono due giorni di sopravvivenza, con momenti di esaltazione e alcuni di panico.
Oggi test, da domani si comincia.

On y va!

martedì 2 agosto 2011

Shallallallallà il ragazzo è troppo timido (ba-cia-la!)

(Quanto mi piaceva La Sirenetta da piccola! Ma anche ora, in effetti).
(I film Disney logorano: li guardi alle elementari, e ti ritrovi ultraventenne e, si pensa, con una vita, hai ancora le farfalle allo stomaco e la prima cosa che ti viene in mente è un cartone animato. In cui ci sono animali parlanti che cantano).


Percussioni
Archi
Piatti
Parole

Lei ti è accanto
(eh già)
Se ne sta seduta lì
Non sa cosa dire ma
I suoi occhi ti parlano (non penso, sto guardando il film)
E tu lo sai che vorresti 

 Darle un bacio 
 E allora ba-cia-la!

Lei ti piace (eh già)
Tanto tanto da morir (adesso non esageriamo con il dramma)
Forse tu le piaci (bo, è questo il problema)
Ma lei non sa come dirlo
Ma non servono
Le parole sai
Allora ba-cia-la! (che è sempre meglio di un "Gianluca... dai cazzo!")


(canta con me)
Shallallallallà
Il ragazzo è troppo timido (decisamente eh già)
Coraggio, ba-cia-la!
Shallallallallà
Non lo fa ma che peccato
Se insiste lui la perderà! (in effetti, parto venerdì)
È il momento
Guarda che laguna blu (ah, era questo che diceva il film?)
Ora devi muoverti
E questo è il momento tuo
Non ti parlerà
Finchè tu non la abbraccerai (non era bacerai?!)
Ba-cia-la!

Ora vai
Wo wo!
C'è l’atmosfera giusta (beh, non so, però diciamo che me lo aspetto)
Forza, ba-cia-la
Stringila
Non puoi nascondere che l'ami (piano con le parole -.-)
Ba-cia-la
Non parlare ascolta la canzone che dice "ba-cia-la"
Questa musica ti aiuterà coraggio abbracciala e dopo ba-cia-la (questi ultimi versi me li ero sempre persi... che imbarazzo!)



*


Scusate il momento di demenza.