mercoledì 29 febbraio 2012

Carnival stuff, seconda parte

In riferimento all'ultimo post: poco ci manca che perda (freudianamente) il treno, ma graziaddio (e ai treni puntuali, e alle ampie falcate, e al bagaglio leggero) sono riuscita a rimpatriare senza problemi.

E ora vorrei solo cercare di esaurire l'argomento con la fine del mese, quindi scusate se taglio corto (posso sentire le vostre grida di esultanza fin da qui. Contenetevi, accidenti!).

Dunque, ecco a voi, alla rinfusa:
- pollici levati per il Carnevale di Bellinzona. Da rifare.
- Mardi gras. Ovvero una cena totalmente a base di frittelle (di diverso tipo), mandate giù con vino e birra, e un po' di musica (e un chitarrista caricato a shots). Grassi e cliché, svizzeri e non solo. Tutto questo la sera precedente al test di greco.
- A proposito di università, pare che W. creda veramente che Omero sia esistito. È peggio che con Babbo Natale.
- Nessuna festa in maschera per il breve ritorno (o il lungo week end, a scelta) italiano. A meno che, effettivamente, mettersi tutti eleganti non sia un po' mascherarsi. Ho un paio di scarpe col tacco, nere, scamosciate, con un nastro che finisce in un fiocco (nero), lucido. Mi fanno malissimo.
- Per fortuna poi si torna a Lausanne. Io di qui non me ne voglio andare.

E domani arriva A.C.. Sono pronta a melanger francese, inglese e italiano (oltre all'olandese... kusknuffel è ormai diventata la mia parola preferita, benché inesistente), a riscoprire la mia nuova città con altri occhi, a spingermi al di là dei suoi confini (Genève, forse Montreux, dipende dal tempo e dalla voglia).

PS: fra ieri e oggi ho parlato con gli antichisti svizzeri più di quanto abbia fatto in un semestre. E questo pomeriggio, ho scoperto una cosa malsana. Il nuovo comfort food, ma anche gossip food. Il carac.

giovedì 23 febbraio 2012

Carnival stuff, prima parte

Nota: voglio assolutamente pubblicare questo post prima di tornare a casa per il (lungo) week end (rimpatriata causa forze maggiori e familiari, ma da lunedì sera di nuovo felicemente chez moi, per fortuna), ergo ora (sono riuscita a lavare ma non a stirare, a salutare M. ma non ancora M. - questa faccenda delle iniziali è problematica), ergo accontentatevi del centone creato negli ultimi cinque giorni (e con i postumi del Carnevale di Bellinzona), senza pretendere troppa originalità o wit.

Prometto che cercherò veramente di scrivere una seconda parte per dare senso al tutto.

Ammettiamolo: i rapporti tra italiani e ticinesi non sono dei migliori.
Oltre i cliché e le verità che nascondono, io sono sempre stata un po' prevenuta. Perché per noi italiani i ticinesi sono una brutta copia (sono come noi, ma gli tocca fare i minoritari in quello stato/banca che è la Svizzera), e per i ticinesi, noi siamo i peggio tamarri al mondo (non solo per i ticinesi, ma vabbè).

E invece quest'estate mi sono trovata a fare amicizia con delle ticinesi doc, in autunno ad entrare a far parte della STOICA sobillata da C. (che mi magnificava un programma di feste per lo più alcoliche e cene sociali), e ora... sono reduce dal Carnevale di Bellinzona. Spinta ancora una volta da C. sulla via della perdizione (nonostante si contraddica: a volte mi raccomanda "Non dire che sei italiana, mi raccomando", altre insiste che "Ho radici italiane pure io! Italianissime, anzi, terrone!"), già a fine Novembre risultavo iscritta all'evento Rabadan 2012: giovedì sono partita per Lugano, e sono tornata sabato sera, dopo due serate (e non solo) decisamente impegnative dal punto di vista termico-fisico-epatico.

Carnevale non è mai stata una festa che mi andava molto a genio: capiamoci, adoro le frittelle e le chiacchiere (così come adoro la tradizione frittelle all day inaugurata dalla nonna), mi piace mascherarmi (l'esperienza mi ha insegnato a diffidare di chi non ama le feste in maschera, cit. me stessa) e da bambina adoravo pensare a un costume diverso ogni anno (ehm... da bambina?); ma detestavo, e detesto, l'eccessiva confusione, la schiuma a rovinare i vestiti ideati, assemblati e cuciti (dalla Madre) con tanto amore. E poi non c'è effettivamente molto da fare: d'accordo, feste in maschera, private o semi, per una sera, e poi tutti a casa.

Mi divertiva pensare alla storiella per cui i Milanesi avevano deciso di prolungare/posticipare il Carnevale di una settimana, per aspettare il vescovo (S.) Ambrogio, finito a Roma per i cavoli suoi (o del Papa, non ricordo). Ma in Ticino, lo ammetto, they do it better (almeno il Carnevale).

Tradizioni, guggen, cortei, bambini che si divertono, vari carnevali sparsi in giro per il Cantone, musica, alcol (ovviamente), e tutti, tutti in maschera. E poi il Grande Carnevale di Bellinzona, che raduna un po' tutto.

C. me l'aveva magnificato per mesi, e non mentiva. Abbiamo indossato i nostri costumi, ci siamo truccate nei modi più improbabili ("Io non mi so truccare!" "Neanche io, per fortuna è Carnevale!"), e con tanto di occhiali da sole tamarri e codazzo di amici, abbiamo bevuto ("Non avrei creduto che la tua amica italiana reggesse tanto" - e siamo a due) e ballato e ci siamo spintonati nella folla (benché non ami la folla), evitando i laidi horny e commentando i costumi altrui.

Insomma, mi sono divertita come non mi succedeva da un sacco.

E ora mi tocca davvero andare.

martedì 14 febbraio 2012

E sulla metro comparve la scritta: Saint Valentin

Il fatto è che a leggere l'ultimo post sembra che io abbia il cuore spezzato. Non è vero (e se anche fosse, la sofferenza amorosa è sempre stata produttiva dal punto intellettual-artistico, dunque ben venga), e soprattutto non è giusto, perché sbilancia le cose.

Non è che tutto girasse intorno a un belga barbuto. Per esempio, mi mancano gli ii (alias ingegneri italiani, ri-autosoprannominatesi nanotèc), con cui alla fine ho passato la gran parte delle sere qui (sere qualunque, da pasta nel piatto e maglione sformato addosso, però belle anche per questo).

L. che si prende male per qualsiasi cosa, poi però ti tiene da parte la bottiglia di vino e le olive ascolane (e ti pubblicizza le Marche). M. che si addormenta ovunque e chissà come ha fatto a convincere E. a mettersi con lui, o Y. che rimorchia qualsiasi cosa si muova. Ma soprattutto il "mio caro vicino". Perché per la prima volta dopo cosìtantochequasinonmiricordopiù, quando stavamo sdraiati sul divano a guardare un film non eravamo io e un ragazzo-quasi-amico-quasi-bo: ma soltanto io e lui. Amici, e stop.

Senza preoccuparmi di togliermi la tuta o mettermi la matita sugli occhi, uscivo di casa, e mi bastava suonare alla porta dall'altra parte del pianerottolo: potevamo decidere che fare per cena, se uscire, scambiarci le ultime battute di Spinoza o fare un po' di spoiler su BBT, nel mentre preparare un tè ai frutti rossi, usando la scusa del "che torta potrei preparare?" per blandirlo e costringerlo a partecipare al gossip. E poi le prese in giro, "Ma quanto ci metti a mangiare?? Sto perdendo i miei anni migliori qui con te ad aspettare che tu finisca quella pasta!" e "Lettere Classiche? IN PRIGIONE, dovrebbero mandarli, quelli di Lettere Classiche!", senza dimenticare la maionese, la guerra alle verdure, la nutella quasi esplosa in microonde, e "grande popolo, i cinesi".

Se non altro, gli amici (a differenza dei belga barbuti, coff coff), continueranno a usare skype e la mail. Ed è questo quello che conta.

*

Nonostante sia martedì (e di venere e di marte, si sa,  non ci si sposa né si parte, né si dà principio all'arte), e nonostante non ci fosse nemmeno il sole, oggi avevo più voglia di scrollare via questa pigrizia/malinconia in cui mi cullo senza fare nulla.

Forse è la prospettiva, per quanto incerta e lontana, di poter fare la répetritrice, forse è il pensiero dei tre giorni che mi aspettano in Ticino, da C., a rovinarmi per il Carnevale, forse è perché questa settimana porterà nuovi erasmus, e la prossima l'inizio dei corsi, e la pigrizia, volente o nolente, me la dovrò scrollare di dosso comunque.

E forse, chissà, del tutto inaspettatamente è anche merito di S. Valentino.
Non ho mai provato simpatia per la festa dei cuoricini rosa: è festa inutile, overrated, abusata, consumistica. Falsa. (Ragazzi, S. Valentino, è una festa di merda... si può dire? È una festa inutile. ...Non è una festa per gli innamorati, non è una festa per i single... fondamentalmente ti fa sentire uno sfigato, cit. Willwoosh) 

Tutto vero, io personalmente non l'ho mai festeggiata (l'unica volta che mi avevano regalato dei cioccolatini, li ho fatti scadere, chissà poi perché), però... però, sarà che invecchio, ma comincio a pensare che ogni scusa sia buona per festeggiare, per mangiare cioccolata, per farsi gli auguri, per scherzare, per ridere insieme, per mandarsi cuoricini/minoriditre e dirsi "ti voglio bene". Cioè, io festeggio S. Patrizio anche se non sono irlandese (e, tacciatemi di blasfemia, pure Natale e Pasqua. Ok, lì la cosa è un po' diversa, ma ci siamo capiti).

O forse è soltanto perché me ne ero dimenticata del tutto. E quando sono uscita, ho letto per caso, passando di fianco a una panetteria: "aujourd'hui c'est la S. Valentin! N'oubliez pas votre coeur... sablé!"

Sarà stata l'idea di fare dei dolci apposti per una festa alla fine non "comandata", ma mi ha messo di buon umore. E, una volta di buonumore, ho continuato ad essere allegra: per i cuoricini rossi appesi in giro, per la metro (questa ve l'avevo già spoilerata nel titolo) che inframmezzava al solito Destination: Lausanne Flon / Renens Gare un bel grassoccio Saint Valentin. E poi la pagina di Google di oggi, il Valentine dilemma di XKCD, o Cheer Up Emo Kid che, rievocato neanche una settimana fa, risorge per l'occasione con una vignetta dopo mesi e mesi di silenzio.

Non ho nessuno con cui festeggiare la festa degli innamorati, e (paradossalmente?) non m'importa. E poi, ho trovato tutte queste piccole cose così carine (senilità?), che mi sono sentita contenta anche io (non come tutti quei single inaciditi che fingono indifferenza e fastidio, mentre in realtà vorrebbero solo essere ricoperti di rose rosse. Diffidate delle imitazioni, quelli sono aromantici solo a metà) (quelli sono da Desperation Day, Barney sì che ne sa).

Quindi, per gli ultimi cinque minuti che ci restano di questo 14 Febbraio 2012 (anche meno): buon S. Valentino a tutti (qualcun'altra direbbe: I know you love me. XOXO), perché scrivere le mie paranoie mi fa stare bene, ma mi fa stare ancora meglio vedere che mi leggete.

Più cuori per tutti (ma resto aromantica, non crediate).

*

PS: per la cronaca, altro sosia avvistato. Venerdì sera, mentre tornavo a casa con la mia ultima metro, e fingevo di essere presissima da Euripide: teatro e società (in realtà fissavo il vuoto tormentandomi i capelli), mi sento osservata (e derisa) da qualcuno sull'altra metro, che è ferma sull'altro binario. Voi darete la colpa all'alcool e alle serate Erasmus, ma giuro che avevo bevuto solo una birra, e che sull'altra metro, insieme a un amico, c'era Sam Bocca-da-Trota di Glee.

mercoledì 8 febbraio 2012

The Butterfly Effect

Prima parte (risalente a tre giorni fa).

Tempo fa seguivo un webcomic a volte volgare, altre sboccato, di tanto in tanto deprimente, molto sarcastico e spesso esilarante: Cheer Up Emo Kid.

Al suo autore, tale Enzo, va il merito di aver dato forma, su carta, al vero significato del modo di dire avere le farfalle nello stomaco.
The Joke Is Butterflies (29.10.2008)
Che, contrariamente a quanto può sembrare, non è affatto una sensazione poetica e delicata. Nel mio caso si è sempre accompagnata a stomaco chiuso, tachicardia (talvolta degenerata in quasi febbre), malessere diffuso.
The Joke Is Butterflies #2 (27.11.2009)

*

Seconda parte, riflessiva e malinconica, come piace a noi. (Potremmo anche chiamarla L'ultima notte felice del mondo).

Ogni lasciata è persa, dicono.

Però ogni tanto bisogna anche lasciare, no? Saper lasciar andare, e fare buon viso a cattivo gioco (ma quand'è che sono diventata questo pozzo di saggezza popolare non richiesta? Cos'è, un sintomo di vecchiaia precoce, o semplicemente del fatto che sono noiosa e non ho niente da dire?)

Non ho mai capito quelli che darei tutto per solo altri cinque minuti. Che senso avrebbe, cinque minuti passati ad angosciarsi per ogni singolo secondo che scivola via?

Cinque minuti non basterebbero in ogni caso per iniziare (e nemmeno cinque ore).
Meglio fare le persone mature, per una volta. Perché cinque minuti o cinque ore o anche tutto un intero, ultimo giorno non porterebbero a niente di più.

E non ti ho nemmeno salutato decentemente, maledizione. Niente adieu, ma nemmeno promesse di au revoir.

Je suis nulle, putain merde. Nulle, nulle, nulle.


E all'improvviso non ho più le farfalle nello stomaco. Non ho più niente, nello stomaco, e che faccio ora? E cos'era quella storia, degli erasmus senza sentimenti?! Ed è possibile che le parole sbagliate (giuste) di una canzone sbagliata (giusta) mi facciano addirittura piangere? (Io, piangere? Non scherziamo, please).


Il mio primo Thanksgiving, colpi di fulmine, atteggiamenti che neanche le quattordicenni, maglioni che pungono, la prima neve dell'inverno, troppo vino, clichés, guanti qu'on peut partager, il freddo che fa bene, baci improvvisi, risate di gola e sorrisi beffardi.


You have to let it, you have to let it go.


Perché una parte di me sa che tutto questo non vuol dire niente, che è una cottarella che passerà con la prossima pioggia, una fissazione che verrà scalzata da un'altra (Ma sarà la prima che incontri per strada che tu coprirai d'oro per un bacio mai dato, per un amore nuovo). Ma non stasera.

giovedì 2 febbraio 2012

Home swiss home

Sono tornata, e temevo di aprire la porta dello studiò e sentirmi un'estranea.
E invece mi è sembrato non di non essere mai partita, ma di essere veramente tornata a casa, mentre schiacciavo il bottone della luce col solito gesto prima di salire le scale (quattro piani senza ascensore, ricordiamolo, una borsa da donna di classe a tracolla, quella del pc su una spalla e la valigia in una mano. Niente pause, e poi mi dicono che non sono sportiva).

Ok, forse dire "sono tornata a casa" suona stonato, e fa quasi paura. Ma è la mia casa qui, per questi mesi almeno, e sarebbe stupido (oltre che triste) non volerle bene.

*

#1 Sono un'erasmus. Per definizione, non mi lego sentimentalmente a nessuno (detto due giorni prima della partenza a un'innocente universitaria del primo anno, che ha una relazione che dura ormai da più tempo di tutte le mie messe insieme).

#2 Come diceva tempo fa una mia amica, gli erasmus non provano sentimenti, è vietato (ieri sera, detto alla biondissima G. che cercava di consolarsi della perdita del suo norvegese).

Peccato che per certe cose ci voglia anche una certa attitudine. No, non all'essere a-romantici* (quello a quanto pare lo sono anche troppo): quello che intendo è che ci vuole charme, freddo charme. Io invece sono goffa, lo sono sempre stata: a ballare (soprattutto se non ho bevuto), a cambiare argomento, a spostare l'attenzione, ad allontanare qualcuno come se niente fosse. Anche a camminare, alzarmi da una sedia o abbracciare qualcuno.

Anche a dire di sì, sono goffa.
- Bella serata.
- Sì, mi sono divertita molto. Mioddio, perché parliamo come nei telefilm?? Ora ci manca solo l'immortale sonostatabene.
- Magari potremmo replicare... magari andare a bere qualcosa... noi due?
Omioddioomioddioomioddio! Certo che sì! Ma mostra distacco, santo cielo... dopotutto non è che da secoli che non incontri qualcuno che tipiaceunsacco come solo alle ragazzine delle medie... ok, calma. Ma certo, mi piacerebbe molto (ora abbassa la testa, ragazza mia, cerca di nascondere quel vergognoso sorriso trionfante, per l'amor del cielo).

Abbasso la testa, e vado a sbattere contro un palo. No, sono seria.
Tutto questo prima di Natale, casomai vi faceste venire strane idee.

*

Mi si nota di più se vengo e sto in disparte o se non vengo per niente?
Caro Nanni, come si vede che sei un uomo. Perché palesemente ti nota di più se alla festa ci vai, e poi lo ignori. Almeno, questo è quello che mi dicevo io, ma non pare funzioni, anzi, forse ho sbagliato nel segno opposto. Che vi dicevo della mia connaturata goffaggine?

*

Note
* a-romantico (tipograficamente accettato anche senza trattino): aggettivo, dispregiativo. Non mostrare nessuna attitudine verso ciò che è sentimentale, bello, commovente, insomma, romantico.

Avvertenza
La prima parte di questo post è seria e sensata. Tutto quel che viene dopo è frutto di pigre paranoie, e ogni riferimento a cose, persone, (animali), città etc. è puramente casuale, e (quasi) opera di fantasia (in quel quasi, ovviamente, è contenuto un intero universo).