sabato 21 luglio 2012

Madamina, il catalogo è questo

A tre settimane dal rientro (sì, sono in post Erasmus, e non mi vergogno ad ammetterlo) sono successe varie cose. Due esami fatti. Il tutor unimi che decide di non validarmi due seminari (e lo ribadisce urlando, perché sa di essere in torto: non l'ha mai detto, non ha mai risposto alle mie mail in proposito). Indi, altri due esami (e che esami!) to go in settembre/ottobre. Dai che ormai siamo carri armati.

A tre settimane dal rientro, i miei mi hanno riaccolta nel nido ("Perché non prendi in considerazione l'idea di un PhD? All'estero. Lontano. US?"), e i miei amici nel solito gruppo scalcagnato dove mi sento a casa. Le rimpatriate, le mail di sostegno, le telefonate cui non sono più abituata.

A tre settimane dal rientro, già una visita da Losanna, già un po' di nostalgia, già i biglietti pronti per tornarci, tre giorni in agosto. Vari contatti che per ora tengono, speriamo. Un sacco di ricordi, una cascata di aneddoti, certi così belli che se li racconti non sembrano veri. Anche svariate mail che a sedici anni mi avrebbero fatto sciogliere, da un francese biondo che a sedici anni sarebbe stato l'amore della mia vita. A sedici anni, appunto. And here's to you, Mrs Robinson (lo faccio per l'eterna sedicenne che è in me, mica per l'accento francese che sarà anche gay, però rende tutto più facile. E quando sarò ancor più vecchia e avvizzita, rinfaccerò a tutte le mie amiche vecchie  e avvizzite che si accompagneranno ad affascinanti e giovanissimi toy boys, che io ero già una coguar prima di loro. Una coguar platonica, ovviamente, che ancora non usava la crema antirughe e già riscuoteva successo tra gli appena ventenni).

E a tre settimane dal rientro, mi sembra anche il momento di ultimare e pubblicare la famosa  lista di tutte quelle cose che potrebbero essere considerate "armi di seduzione improprie", dopo più di un mese che resta lì a languire in mezzo all'elenco di tutti gli altri post. Gustatevela.

*

Bisognerebbe fare una lista di tutte quelle cose che potrebbero essere considerate "armi di seduzione improprie". E poi evitare accuratamente tutti quelli che ne possiedono più di due. Perché frequentare gente così porta inevitabilmente a cotte lampo, tormenti di capelli e tachicardia.

E non parlo (solo) di caratteristica fisiche (niente menate sui begli occhi, non sono mica Mr Darcy).

Comunque, sono lieta di comunicarvi che, dopo anni di dubbio, so finalmente che cosa risponderei alla domanda dell'intervista standard di D - La Repubblica delle donne, "Lo chiede a" (giusto nel caso diventassi qualcuna a cui chiedere).

Entra in una stanza dove ci sono tre uomini: chi e perché attrae la sua attenzione?

(Sì, è una domanda stupida, ma trovo che sia sempre bene prepararsi delle risposte standard in questi casi, non si sa mai).

Quello alto, con la barba e/o i capelli lunghi. (Non so se dietro tutto questo ci sia una sorta di complesso di Elettra, ma sinceramente non voglio saperlo). Il che va ad aggiungersi alla triade denti (sì, denti. Non sorriso. D e n t i) - mani (evviva la banalità) - braccia.

1) Barba
E ho detto tutto.

2) Provenienza
Sarà una specie di razzismo, ma (l'ho scoperto in Erasmus) ci sono nazionalità per cui la predisposizione alla cotta cresce di almeno il 50%.
Esempio: "Io sono italiana. E tu, da dove vieni?" "Stati Uniti" "Ah." "Belgio" "Davveeeero?!"

3) Occupazione
Un banchiere non mi emozionerebbe particolarmente (desolée Maman, aucune chance che trovi un marito ricco). Par contre, un letterato squattrinato, un giornalista dall'aria folle, un musicista, un classicista (specie rara, forse sarebbe anche meglio non riprodursi)... eh, è tutta un'altra cosa.
Esempio: "Studio informatica" "Ah." "Torno ora da uno stage di giornalismo a Berlino" "Davveeeero?!"

4) Musica
Ebbene sì. Non mi interessa se è un cliché o se è banale, e neppure se se ne approfittano.
Esempio banale: serata crepes e vino. Uno dei presenti viene convinto a prendere la chitarra e cantare qualcosa. Nel giro di dieci minuti tutte le ragazze presenti (inclusa la sottoscritta) lo stavano fissando attorcigliandosi i capelli e sbattendo le palpebre. Imbarazzante, ma vero.

5) Voce
Il tono, l'accento, la risata. Non dico altro, non è necessario.

Oltre alla meravigliosa cinquina di cui sopra, aggiungerei altre fissazioni (e alcune idiosincrasie).

6) Ortografia e punteggiatura (senza dimenticare la sintassi)
Facciamo la snob fino in fondo. Che poi non mi pare di pretendere chissà cosa, la licenza di quinta elementare dovrebbe bastare. Niente errori ortografici e grammaticali (imbarazzano te che li fai e gli altri), conoscenza della sintassi tale da permetterti di reggere a un paio di subordinate. Niente abuso di puntini di sospensione o punti esclamativi, please.

7) Cultura
Ho sentito con queste orecchie gente iscritta alla specialistica ammettere "non so chi sia Aldo Moro" o "a quale schieramento politico appartiene Hollande? No, non ne ho proprio idea". Per dire.

8) Lettura
Amo leggere. Imparare a leggere da sola è stata una rivoluzione per me (non dovevo più dipendere da nessuno! L'intera libreria del mondo pronta ad aspettarmi!). Non concepisco che qualcuno non lo capisca, non lo condivida, o, il che è quasi peggio, dica "No, non mi piacciono i romanzi". 

9) Fissazioni varie in comune
Ne valga una su tutte, esemplificata da questo reale (come tutti i precedenti) scambio di battute: "...una volta mi sono mascherata da Discordia. Sai, seguendo la descrizione che c'è nel VI dell'Eneide. Sei classicista, so che puoi capirmi..." "Non mi piacciono le feste in maschera" "Ah."

Sono gradite anche: sani dosi di idealismo, propensione alla chiacchiera, comunanza di gusti e interessi. fermo la lista a 9 perché mi dà l'idea dell'incompletezza, e l'imperfezione, si sa, a me piace.

sabato 7 luglio 2012

Bentornata - 288 Days of Erasmus

Sono tornata. Una settimana fa mi sono svegliata nel mio letto di casa, nella mia stanza (che ora mi sembra particolarmente piccola e stipata di cose - libri, vestiti, cianfrusaglie), in Italia. Di nuovo in viaBacchelli2, di nuovo con i miei. A riprendere vecchie abitudini, a importarne altre, e pronta ed averne di nuove, perché no? Felice di rivedere i miei amici, plongée nei libri e nella mia stanza-tutta-per-me, almeno fino alla fine della sessione estiva (con qualche vocabolo in francese che appunto ogni tanto mi scappa, non quando parlo ma quando penso, e un po' di più quando ricordo).

Era il 14 settembre dell'anno scorso, era un mercoledì (ho ritrovato il biglietto del treno facendo le Grandi Pulizie Finali), e, inutile dirlo, a me sembra un'altra epoca. Dal 14 settembre al 29 giugno, sono 288 giorni di Erasmus, e a vederli da qui a me sembrano già tutti Perfect Days.

Nel mio posto vicino al finestrino, sfogliavo una rivista e mangiucchiavo un po' di pane alle olive comprato dal fornaio vicino a casa (e l'uva che mi aveva portato C.). Di fronte a me, un'italiana parlava francese al telefono, apparentemente senza sforzo (con tutti i putain al posto giusto), e io mi chiedevo come facesse.

Ho avuto pioggia, vento e sole, e persino un po' di neve. Freddo e ghiaccio e caldo (mi sono abbronzata in un pomeriggio al lago) e afa (l'ultimo, interminabile giorno). Ho nuotato nel lago. Città. Montagna. Vigneti.

Ho frequentato per un anno un'altra Università (altri corsi, altri prof, altri compagni, altre pause caffè, altri libri, altre biblioteche, altre facce, altri percorsi, altre aule), sto aspettando i risultati degli esami.

Sono andata all'Ufficio Immigrazione del Comune per avere un permesso di soggiorno. Mi sono abituata ad usare altri soldi, grandi, colorati, assurdi.

Orribile foto sfocata. Biglietti del treno, concerti (il Balélec, Austra), L'invidia-è-una-brutta-cosa, altro
Ho abitato da sola, benedicendolo e maledicendolo.

Soprattutto, ho incontrato tante persone nuove. Amici, vicini, compagni. Una potente cotta autunnale (come sono tutte le mie cotte potenti), un accompagnatore tanto per (e non ne vado fiera), e qualche flirt.
Cartoline da A.C.
La bellezza di suonare alla porta dall'altra parte del pianerottolo, o dei progetti di vita sana fatti divorando un pain au chocolat. O di chiacchierare per tre ore a un tavolino senza rendersi conto dell'ora. O di uscire agghindate, la ceca, la spagnola e l'italiana, ed essere consapevoli di essere ognuna bellissima, ognuna a modo nostro (no, non è vero, è tutta retorica, la bionda vince, come sempre). Parlare di roba-da-antichisti e intendersi subito. Ritrovarsi sempre nei soliti pub. Glander a bordo lago. Arrivare in uni in cinque minuti. Cucinare, e fare torte in due. Ballare con le amiche, e anche con gli sconosciuti. Osare. I piccoli riti quotidiani (il caffè delle 8h15 prima di greco, il mercoledì, la discofit con C. - e le chiacchiere interminabili, almeno fino a quando avevamo fiato - e poi incontrarsi in biblioteca, gli appuntamenti per il pranzo, i corsi di francese), i sosia. Le feste improvvisate al piano di sotto e quelle sul tetto, le risate inarrestabili, il gossip. Le gaffes con la pronuncia francese, i francofoni che ridono e nessun altro che se ne accorge. Gli stereotipi che ci si affibbia, troppo facili e troppo scontati, troppo belli da rovesciare.

E poi, beh, fare la spesa quando vuoi e di quel che vuoi (che si traduce in un frigo o pieno o desolatamente vuoto), fare il bucato quando vuoi, lavare quando vuoi. Rientrare senza troppi pensieri, perché non ci sarà una madre preoccupata se all'ultimo cambi idea e decidi di restare fuori più a lungo, o un padre che dorme sul divano. Rientrare sui mezzi o a piedi nelle strade deserte senza timori, per di più.

Il mio muro/bacheca
L'ultima serata in riva al lago, l'ultima mezza giornata tra saluti e pranzi.
E poi prepararsi, pulire, riordinare, l'ultima sera stranita a far vedere la città ai miei, mentre tutti o quasi indossano una maglia azzurra e tifano Italia (almeno non ero lì alla finale, i miei amici spagnoli mi avrebbero massacrato). E partire.

*

Non lo dimenticherò mai. Una lingua più o meno imparata, un posto che ho imparato ad amare, gente da tutto il mondo e qualche amicizia che spero resterà. La sicurezza che mi sembra di aver acquistato, certe cose che prima mi sembravano tanto importanti e ora non ci penso neanche più. Scoprire cose nuove, guadagnarsi il coraggio. Canzoni, momenti, sorrisi, ricordi, nomi, accenti stranieri.

E brindisi: santé à vous, io batto come sempre il bicchiere sul tavolo, e grazie per tutto.