Credo sia passata una vita e mezza dall'ultimo post (o forse di più). Ma è cominciato un nuovo anno, a me prudevano le dita, e ho aperto (cinque minuti fa) un altro blog. Così, Anna, puoi tornare a leggermi lì :) (Ho sempre avuto forse un paio di lettori, che comunque se volevano sapere come stavo avevano altri mille modi di saperlo al di fuori del blog. Spero di non tediarvi, fedeli lettrici).
Siamo ancora una volta in quel periodo dell'anno. Maggio (quasi giugno), primi soli, primi caldi, il profumo intensissimo e dolciastro dei fiori. Le prime fragole, le prime ciliegie, la prima frutta "allegra". È da sempre il periodo dello "studio matto e disperatissimo": prima la scuola, poi l'università, e anche quest'anno, seguendo un rito antico, mia madre mi ha portato in camera dei fiori in un vaso. "Me li portava sempre la mia mamma in questo periodo, quando dovevo studiare", dice, come dice tutti gli anni. Anche se questa volta io non devo studiare (e forse mi dispiace).
È strano, perché mentre tutto rinasce (e rinascono anche i giorni, più lunghi, più splendidi, con le sere che si stemperano di pomeriggio) finisce l'anno "degli studenti", in attesa dell'inizio delle vacanze. Per me, in quest'anno off school in cui mi stanno succedendo tante cose, è l'inizio di qualcosa, di un lavoro (quasi) vero. Un ufficio, dei vestiti "da grande", pause pranzo e settimane di ferie ad agosto. Un lavoro per me tutto nuovo, in cui mi si chiede di giocare con le parole, di usarle per costruire, per spiegare, in cui se faccio notare che manca uno spazio dopo la parentesi non mi si dà della pedante ma mi fanno i complimenti. Insomma, ne sono contenta.
Questa cosa di prendere tante strade diverse mi piace anche se non mi fa mai stare tranquilla. Di certo destabilizza gli altri (e non posso dire che mi dispiaccia).
Il problema, forse, è che finisce come in un libro. O in un film di quelli un po' dolciastri. Primo pomeriggio di primavera, in macchina con i finestrini abbassati. Ferma al passaggio a livello mentre alla radio passa una canzone vagamente struggente, e penso che, dopotutto, forse ho fatto un buon lavoro. E che comunque sia è finita.
"Prof!". Dall'altra parte della strada E., la ragazzina svampita che se si impegna scrive bene, e che si è convertita a "Guida galattica per autostoppisti", si sbraccia dall'altra parte della strada. "Buongiorno, prof!" Ci siamo salutate poco più di tre ore prima. "Vedi E., ci siamo riviste prima di quanto pensassimo..." "Prof, lei manca a F. Ha passato l'intervallo in bagno a piangere, dice che non ne avremo più una come lei!".
F. L'unica volta in cui sono stata simpatica alla bella della classe, dovevo avere dodici anni in più. E faccio finta di niente, pretendo che la sua preoccupazione derivi dal fatto che la prof "vera" sia troppo severa, ma sappiamo benissimo, io ed E., che non è così. E sono stupidamente orgogliosa e quasi commossa, poi il passaggio a livello si alza, agito la mano raccomandando di leggere e consigliandole gli altri libri di Adams (E. mi urla "Addio!" con l'aria importante di chi non ha mai dovuto dirlo prima). E quasi mi commuovo, per fortuna incrocio poco dopo il pestifero A., che mi saluta anche lui con un "Buongiorno!" ai limiti della strafottenza, io agito la mano controluce, giro a destra e non li vedo più.
Il problema, appunto, è che non è un libro, né un film di quelli un po' dolciastri. E si tratta di fare la parte della stronza e urlare e sgridare, e dare note e brutti voti, ed essere crudeli e imparziali, e controllare, verificare, sorvegliare ogni momento. Valutare delle verifiche senza sapere se si stanno gonfiando troppo i voti o si stanno demotivando i ragazzi. Tenere l'attenzione e la voce (grazie, solfeggio cantato che ho sempre odiato) senza pause, farsi guardare e giudicare, farsi ascoltare, farsi prendere in giro e ridicolizzare, farsi odiare, farsi considerare stupida, inutile, inadatta, noiosa. E rendersi conto con orrore che alla terza ora di spiegazione senza pause comincio a sputazzare verso la platea come le peggio vecchie.
Oggi è l'Epifania, che tutte le feste si porta via. Domani ricomincia il lavoro, la scuola, lo stagismo sottoper nulla pagato, insomma, è il settembre degli adulti. Per noi invece sarà il 7 gennaio.
Se domani è il 7, vuol dire che ho passato quasi una settimana ossessionata da Frozen. L'ho visto il pomeriggio del primo giorno dell'anno (che poi il pomeriggio del primo giorno dell'anno sa sempre di domenica, quella che passi a sonnecchiare sul divano come se fossi convalescente), poi l'ho riguardato con la Madre, e ho riesaminato i punti salienti/preferiti un centinaio di volte. Ed è quasi una settimana che voglio scrivere questo post.
Devo tuttavia fare tre premesse.
1) Sono una brutta persona, un'amica me l'ha passato scaricato in inglese e l'ho visto solo in lingua originale. In più, mi dicono che alcune traduzioni non rendano per nulla: quindi non è per fare la hipster che se la mena, ma per ignoranza, che non farò riferimenti alla versione italiana.
2) Non aspettatevi commenti sarcastici: l'ho adorato! Più di Brave, e anche più di Tangled (per citare le ultime due principesse di cui si è parlato - qui e qui). Preparatevi dunque a un panegirico acritico (forse). Rifiuto invece qualsiasi forma romantica di Elsanna. Tumblr, sto parlando con te.
3) So. Many. Spoilers. Ma nessun riassuntino, si dà per scontato che conosciate l'argomento.
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Partiamo dalle cose facili. Mi piacciono i disegni, mi piace l'ambientazione, mi piace la rielaborazione della fiaba di Hans Christian Andersen (ho letto in giro Hans Christian Anderson. Morite tutti): mi piace che Elsa sia buona, non una Snow Queen impietosa e inutilmente crudele, mi piace che non sia ben chiaro chi sia l'eroina tra lei e Anna (qui ci sarà chi dirà "ma ovviamente la protagonista è Anna!", tuttavia per EVIDENTI conflitti di interessi l'opinione di costoro non è affidabile :P). Mi piacciono le canzoni! Ho come l'impressione che negli ultimi film Disney lo spazio "musical" sia diminuito (e non dico che non sia un bene): qui invece torniamo agli antichi fasti di veri e propri film cantati, e la musica non è per niente banale o noiosa. Let it go uber alles, ovviamente. E poi: Do you want to build a snowman, For the first time in forever, Love is an open door.
Frozen è divertente. E commovente: non so se attribuire il magone di Don't let them in, don't let them see, be the good girl you always have to be, conceal, don't feel, don't let them know ad una precoce demenza senile o ad una maggiore consapevolezza (della vita, dei doveri, dei tabù). Se entrambe le sorelle passano attraverso l'inevitabile processo di crescita, Elsa è quella che conosce la trasformazione maggiore, imparando a vivere i suoi poteri come un dono e una maledizione.
Sapete già dove sto andando a parare: mi piace che al centro ci sia il rapporto tra le due sorelle. Che l'Amore ci sia, ma risulti alla fin fine marginale. Che l'incontro/colpo di fulmine col primo uomo che Anna incontra sia in realtà un gigantesco abbaglio: Hans, aka Basettone, appare totalmente charmant all'inizio del film, e si rivela poi cattivissimo.
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E ora, le considerazioni random.
Quanti anni hanno le protagoniste? Si dice che Elsa diventa maggiorenne; Anna deve avere due o (più probabilmente) quattro anni in meno: decisamente troppo piccola. Spero che il coming of age possa essere fissato ai 21: così avrebbe tutto molto più senso. Comunque, la carineria dei bambini Disney è innegabile.
Non puoi sposare qualcuno che hai appena incontrato. Grazie ad Elsa, la Disney è entrata nell'era moderna! Troppe (ex) bambine che seguivano affascinanti tipi sconosciuti che promettevano caramelle? La vera modernità però si otterrà soltanto quando i Basettoni non saranno per forza cattivi. Certo, con il principe Hans Of-the-southern-isles l'inganno era abbastanza facile da scovare: dodici (DODICI) fratelli maggiori, una tipa sconosciuta ma nobile, anzi, di sangue blu, che gli dice di amarlo dopo dieci minuti, e che gli lascia le redini del comando dopo nemmeno cinque: l'occasione, come si dice, fa l'uomo ladro. Ma pensate se il povero Hans l'avesse baciata, la nostra Anna (sia mai che un'eroina sia promiscua di baci!), per poi rendersi conto che no, non era il vero amore.
E sempre per la storia del Vero Amore mi fanno imbestialire le letture lesbo incestuose della trama. Non per omofobia, ci mancherebbe (e nemmeno per l'incesto, che comunque: in un cartone per bambini? Ma dai!), ma perché vanificherebbe tutti gli sforzi che hanno portato la Disney, se non al 2014, almeno a un grado di maturità da dopoguerra. Il bello è che le sorelle si vogliono bene, e che non c'entra né il principe azzurro, né il rude biondone (che poi comunque Anna se la sbaciucchia): chissene del romanticismo, la sorellanza è più forte. E per me, che non ho sorelle ma ho amiche, questo è ancora più bello. Anche perché diciamocelo, il bacio risolutore è un po' abusato.
E infatti non è detto che poi Anna e Kristoff si sposino. Seguendo l'esempio della nostra sempre amata Mulan, non si dice se poi i due convolino a giuste nozze: magari usciranno solo a cena. O a scavare ghiaccio (anche nella scena finale sono lontani).
Perché i cavalli Disney sono sempre particolarmente buffi? E perché qui le renne assomigliano ai cavalli? (La passione di Sven per le carote ricorda molto quella di un'altra cavalcatura di successo, il destriero del principe Filippo ne La Bella Addormentata).
Evviva cavalli e renne, ma abbasso Olaf. Quel pupazzo di neve è odioso e anche un po' inquietante. E anche la sequenza dei troll, con la loro canzoncina ammiccante: inutile e anche eccessiva (da quando poi i troll sono dei teneroni soap opera addicted che alla sentenza "Only an act of true love can thaw a frozen heart" si sbaciucchiano tra loro dopo aver esclamato "A true love's kiss!" ?!).
Ma i CAPELLI? Ho un inspiegabili desiderio di avere i capelli lunghissimi (cosa che non potrà accadere a breve), e tutto per colpa di questo film. E un ultimo momento da occhi stellati: la trasformazione di Elsa. Ho trovato la mia prima canzone preferita dell'anno nuovo.
"Ma dove sei?! Perché non guardi il cellulare quando serve?!"
"Stavo facendo ripetizioni, la mia unica fonte di sostentamento. Perché faccio cose e vedo gente, ma quello che paga, alla fine, è sempre il latino (non ci sono classicisti nella mia zona). Poi dicono che le materie umanistiche non ti danno da mangiare".
"Sì sì, va beh. Mentre tu latineggiavi, io guardavo la conferenza di Digitalia. C'era la tipa di Historycast, quella che scrive quei post bellissimi di storia e poi ne fa anche il podcast, così anche chi non sa leggere come me la può ascoltare. SI LAMENTA CHE NESSUNO SI è MAI PROPOSTO DI AIUTARLA! Scrivile!"
"Ma io..."
"NO! ADESSO!"
Mezz'ora dopo.
Insomma, faccio parte della redazione di Historycast (anche se la pagina è ancora in costruzione). Comunque, se non ci credete, oggi hanno pubblicato un mio articolo, su cui mi sono dannata nell'ultimo mese (con un affanno inutile, perché è uscito due settimane più tardi del previsto). Mie le traduzioni, mie le paranoie, non mio il titolo, ecco a voi il mio post su Claudio:
è che mi viene da chiedermi come faccio a scrivere sul blog, se ho altro da fare. se ho altro da scrivere (sì, preferisco tenere tutto minuscolo non perché faccia più figo, non fa più figo, fa mentecatto finto adolescenziale, ma preferisco questo allo scrivere la "è" maiuscola con l'apostrofo al posto dell'accento, è una cosa che mi fa venire l'orticaria. sì lo so che si può fare su word e copiare da lì, o che me la posso googlare. non ne ho tempo. non ne ho voglia).
è che ultimamente attraverso fasi di esaltazione e di scoramento. nel mezzo, mi faccio desiderare dicendo spesso "non ho tempo, non posso, non riesco, non esco", non perché sia davvero una tecnica di seduzione, ma perché il più delle volte non ce la faccio. ho scritto un articolo pseudo accademico che mi ha impegnato quasi come il primo capitolo della tesi, ora sono in ambasce finché non me lo leggono e approvano (e pubblicano, grazie mille). vado tutti i giorni in redazione per mezza giornata, ci sono giorni che scrivo un articolo all'ora, riduco e adatto foto, spammo sui social network e vado a conferenze, e altre di calma piatta. continuo a fare ripetizioni al povero francè, che altro che blanka (no, non quello di street fighter, quello di zerocalcare), è proprio un patatone, e meno male che c'è lui perché è l'unico che mi paga. mi propongono di fare i contenuti per un sito, anzi no la social network girl per dei clienti misteriosi, anzi no la copy dell'agenzia, io mi esalto e poi mi spavento subito. le mie giornate continuano ad essere di 24 ore (anzi di meno, contando quanto dormo), rimango indietro con le serie tv, non leggo da secoli ("il marketing 3.0" è un titolo che non mi appassiona. negli spostamenti mi porto dietro sempre il mio fedelissimo ma ingombrante pc che pesa come una carriolata di mattoni e non lascia spazio nemmeno per il kindle, e ho un disperato bisogno di un massaggio alle spalle).
a volte odio la gente. mi infastidisce, e va a finire che lancio occhiate di fuoco a quello che in piscina mi vuole passare davanti, che dò spallate, che impreco neanche tanto a bassa voce.
eppure sono felice, eppure (anche se non sembra) non me ne lamento. sto evitando, al meno per il momento, la sorte dei miei coetanei che, brillantemente laureati, aspettano che gli cada il lavoro dei sogni tra le braccia. e sto evitando anche quella di chi, parimenti brillantemente laureato, ha un lavoro che lo sta rincitrullendo (una mia compagna di corso è stata assunta dal suo liceo fighetto privato. ora su fb pubblica status come quelle prof dei licei fighetti privati che pensano di essere fighe e al passo con i tempi. e invece no. chissà se faceva parte delle condizioni di contratto, la lobotomia). sono in anno sabbatico, insomma.
e poi c'è tumblr che, per parafrasare il nipotino paul, "è pieno di cose meravigliose".
Bibit hera bibit herus, bibit miles bibit clerus, bibit ille bibit illa, bibit servus cum ancilla, bibit velox bibit piger, bibit albus bibit niger, bibit constans bibit vagus, bibit rudis bibit magnus. Bibit pauper et aegrotus, bibit exul et ignotus, bibit puer bibit canus, bibit praesul et decanus, bibit soror bibit frater, bibit anus bibit mater, bibit ista bibit ille, bibunt centum bibunt mille. Carmina Burana (Bene il padrone, beve la padrona, beve il soldato, beve il prete, beve quello e beve quella, beve il servo con l'ancella, beve il veloce e il pigro, bene il bianco e il negro, beve il costante e l'errante, beve lo stupido e il sapiente. beve il povero e ammalato, beve l'esule e dimenticato, beve il ragazzo, beve l'anziano, beve il vescovo e il decano, beve il fratello, beve la sorella, beve la vecchia, beve la madre, beve questa, beve quello, bevono in cento, bevono in mille)