Novembre, come diceva anni fa un'amica, è uno dei mesi più inutili dell'anno ("...e la sola festa che c'è, è all'inizio, ed è pure quella dei morti", cit. della medesima).
A me piace moltissimo questo Novembre. Mi aspettano almeno due settimane di passione in senso etimologico, ma va bene così, anche perché nel frattempo mi diverto troppo, ma non nel senso della scervellata festaiola, proprio nel senso che sto bene.
Perché oltre alle serate crepes (e sì, lo so che ci va l'accento circonflesso!), a inviti per "une fondue sauvage" (ebbene sì, a quanto pare in Svizzera è consentito bivaccare in piazza, di notte, fondendo formaggio e andando in giro armati di apposite forchettine), ma soprattutto per una vera e propria Cena del Ringraziamento, con tanto di americani che si commuovono e ti spiegano tutta la storia del Thanksgiving Day (a quanto pare ignorando che tu sai già tutto perché l'hai già visto in millantamila film e telefilm), e si svenano per procurarsi un vero tacchino gigante... oltre al vino, alla pessima birra, e a svariate sostanza alcoliche di dubbia provenienza ("veniamo a sentire il tuo seminario!" "no, non voglio parlare francese di fronte a voi!" "e di che ti vergogni, ti abbiamo sentito parlare francese sbronza..." "non ero sbronza, e comunque dopo che ho bevuto parlo meglio il francese, e soprattutto l'inglese" "appunto. questo è quello che pensi tu") insomma, oltre ai cliché e alle feste, c'è anche la tazza di thè del pomeriggio, i canapé in uni, l'albero di Natale nel campus (di già!), l'atmosfera di feste (di già!), e le menate della spesa ("anche voi qui? sto andando a fare la spesa" "anche noi" "andiamo insieme?" "viene anche M." *un quarto d'ora dopo* "vuoi dirmi che è CHIUSO?? ma sono le 17h30!" "TE L'AVEVO DETTO che dovevamo andare nell'altro, che sta aperto di più! Oggi è sabato, ricordi? E ormai è troppo tardi" "ok, ho fatto un piano per il week end, dovremmo sopravvivere" "in ogni caso, la pasta non manca mai") e del bucato ("hanno riparato l'asciugatrice" *segue gaudio* momento #2: "non avevo abbastanza soldi, quindi la lavatrice non ha fatto in tempo a centrifugare. L'ho forzata e ho estratto i miei vesiti bagnati...").
C'è sperimentare torte, inventarsi la tradizione del risotto settimanale ("sono la cosa più vicina a una milanese che ci sia in questo luogo... il risotto allo zafferano, c'est à moi!"), scambiare occhiate sarcastiche, esportare il >pop<, ridere per niente, improvvisarsi guida spiritual-sentimentale, citare BBT, non capire niente (utilizzabile in più contesti), fare le scale senza ascensore (non per scelta), cantare sotto la doccia e chiedersi preoccupata se nell'altro bagno ti sentono, le porzioni generose della mensa ("siamo in due a volere i cannelloni, ce ne sono ancora?" "no" *il tipo prende altro e se ne va* *la cuoca ammicca*: "vuoi i cannelloni? ne sono avanzati ancora un po'" *riempie all'inverosimile il piatto della sottoscritta*), le lettere nella posta, cartoline da spedire, spiegare che essere italiana non vuol dire il terzo mondo (ma qualche dubbio viene), svizzeri che non capiscono la politica italiana, e tu neppure, altri che ti sfottono (ma è peggio la compassione), il lago sotto il cielo freddo, esseri belanti ovunque, prendere la metro per un soffio, domande trabocchetto che sfruttano i cliché, proporsi di andare a letto presto e non farlo mai, pigrizia, pigrizia ginnica ("dai, vieni a correre!" "scordatelo"), strane idee di salutismo ("guarda che bella cena sana!" "cotoletta surgelata, uova e patate??!"), sveglie posizionate sempre più lontano per provare ad alzarsi sul serio, il mio primo dizionario monolingua (che mi fa sentire molto chic), parole che in un'altra lingua hanno tutt'altro significato, parole che in un'altra lingua hanno un suono improponibile (VEVERKA!), parole mimate che neanche in un gioco di società. E non dimentichiamoci il gossip ("ciao, sono venuta qui perché non ho il tuo numero di telefono, e dovevo assolutamente dirti CHE COSA ho visto").
E sentire gli amici a casa, che mancano (e per fortuna Novembre mi ha regalato una visita). E gli appuntamenti fissi di telefilm che è bello guardare per poi discuterne (a volte anche per la photo recap). E il biglietto del treno per il ritorno.
Ma soprattutto, suonare ad altre porte ("ciao, tu non mi conosci, ma il tuo coloc sì. ho bisogno di una cosa dalla vostra cucina"), andare ad aprire alla propria, infastidirsi e cercare conforto ("come va lo studio?" "male" *occhi rossi* "tu?" "male" ... "faccio una tazza di the?"). Persino colazioni (per cercare di svegliarsi presto), ma più normalmente cene che degenerano in discorsi che si vogliono seri ma che non riescono a restare tali.
Tricotillomania, disordine, versioni di greco, accentuazione greca, seminari, bibliografie sterminate. E so. much. fun.
A me piace moltissimo questo Novembre. Mi aspettano almeno due settimane di passione in senso etimologico, ma va bene così, anche perché nel frattempo mi diverto troppo, ma non nel senso della scervellata festaiola, proprio nel senso che sto bene.
Perché oltre alle serate crepes (e sì, lo so che ci va l'accento circonflesso!), a inviti per "une fondue sauvage" (ebbene sì, a quanto pare in Svizzera è consentito bivaccare in piazza, di notte, fondendo formaggio e andando in giro armati di apposite forchettine), ma soprattutto per una vera e propria Cena del Ringraziamento, con tanto di americani che si commuovono e ti spiegano tutta la storia del Thanksgiving Day (a quanto pare ignorando che tu sai già tutto perché l'hai già visto in millantamila film e telefilm), e si svenano per procurarsi un vero tacchino gigante... oltre al vino, alla pessima birra, e a svariate sostanza alcoliche di dubbia provenienza ("veniamo a sentire il tuo seminario!" "no, non voglio parlare francese di fronte a voi!" "e di che ti vergogni, ti abbiamo sentito parlare francese sbronza..." "non ero sbronza, e comunque dopo che ho bevuto parlo meglio il francese, e soprattutto l'inglese" "appunto. questo è quello che pensi tu") insomma, oltre ai cliché e alle feste, c'è anche la tazza di thè del pomeriggio, i canapé in uni, l'albero di Natale nel campus (di già!), l'atmosfera di feste (di già!), e le menate della spesa ("anche voi qui? sto andando a fare la spesa" "anche noi" "andiamo insieme?" "viene anche M." *un quarto d'ora dopo* "vuoi dirmi che è CHIUSO?? ma sono le 17h30!" "TE L'AVEVO DETTO che dovevamo andare nell'altro, che sta aperto di più! Oggi è sabato, ricordi? E ormai è troppo tardi" "ok, ho fatto un piano per il week end, dovremmo sopravvivere" "in ogni caso, la pasta non manca mai") e del bucato ("hanno riparato l'asciugatrice" *segue gaudio* momento #2: "non avevo abbastanza soldi, quindi la lavatrice non ha fatto in tempo a centrifugare. L'ho forzata e ho estratto i miei vesiti bagnati...").
C'è sperimentare torte, inventarsi la tradizione del risotto settimanale ("sono la cosa più vicina a una milanese che ci sia in questo luogo... il risotto allo zafferano, c'est à moi!"), scambiare occhiate sarcastiche, esportare il >pop<, ridere per niente, improvvisarsi guida spiritual-sentimentale, citare BBT, non capire niente (utilizzabile in più contesti), fare le scale senza ascensore (non per scelta), cantare sotto la doccia e chiedersi preoccupata se nell'altro bagno ti sentono, le porzioni generose della mensa ("siamo in due a volere i cannelloni, ce ne sono ancora?" "no" *il tipo prende altro e se ne va* *la cuoca ammicca*: "vuoi i cannelloni? ne sono avanzati ancora un po'" *riempie all'inverosimile il piatto della sottoscritta*), le lettere nella posta, cartoline da spedire, spiegare che essere italiana non vuol dire il terzo mondo (ma qualche dubbio viene), svizzeri che non capiscono la politica italiana, e tu neppure, altri che ti sfottono (ma è peggio la compassione), il lago sotto il cielo freddo, esseri belanti ovunque, prendere la metro per un soffio, domande trabocchetto che sfruttano i cliché, proporsi di andare a letto presto e non farlo mai, pigrizia, pigrizia ginnica ("dai, vieni a correre!" "scordatelo"), strane idee di salutismo ("guarda che bella cena sana!" "cotoletta surgelata, uova e patate??!"), sveglie posizionate sempre più lontano per provare ad alzarsi sul serio, il mio primo dizionario monolingua (che mi fa sentire molto chic), parole che in un'altra lingua hanno tutt'altro significato, parole che in un'altra lingua hanno un suono improponibile (VEVERKA!), parole mimate che neanche in un gioco di società. E non dimentichiamoci il gossip ("ciao, sono venuta qui perché non ho il tuo numero di telefono, e dovevo assolutamente dirti CHE COSA ho visto").
E sentire gli amici a casa, che mancano (e per fortuna Novembre mi ha regalato una visita). E gli appuntamenti fissi di telefilm che è bello guardare per poi discuterne (a volte anche per la photo recap). E il biglietto del treno per il ritorno.
Ma soprattutto, suonare ad altre porte ("ciao, tu non mi conosci, ma il tuo coloc sì. ho bisogno di una cosa dalla vostra cucina"), andare ad aprire alla propria, infastidirsi e cercare conforto ("come va lo studio?" "male" *occhi rossi* "tu?" "male" ... "faccio una tazza di the?"). Persino colazioni (per cercare di svegliarsi presto), ma più normalmente cene che degenerano in discorsi che si vogliono seri ma che non riescono a restare tali.
Tricotillomania, disordine, versioni di greco, accentuazione greca, seminari, bibliografie sterminate. E so. much. fun.
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