sabato 21 settembre 2013

Storie di formazione. La mia prima migliore amica, parte 1

Conosco D. da moltissimi anni. Ci siamo incontrate a scuola, eravamo nella stessa sezione e siamo diventate amiche in fretta, durante le prime settimane di prima elementare. Ricordo anche come: avevo in tasca, o qualcuno (la maestra?) mi aveva dato una caramella che proprio non volevo (non sono mai stata tipo da caramelle) e, più per togliermela di torno che per spirito di generosità, l'avevo offerta a una bambina dall'aria timida ma simpatica, con la treccia lunga e gli occhi piccoli e scuri, che mi stava passando di fianco (in bagno?) in quel momento. Le persone si conosco nei modi più stupidi: e noi eravamo diventate amiche per via di una caramella ("Ciao, senti, la vuoi?" "Davvero?! Grazie, domani te ne porto una io!": non se lo ricordò mai, grazie a Dio, ma da quel pomeriggio cominciammo a parlarci e a trovarci simpatiche, e nel giro di poco tempo eravamo Migliori Amiche).

Eravamo abbastanza simili, allora (minute, magroline, con i capelli scuri, timide, educate e brave a scuola), e c'era una maestra (quella della caramella?) che confondeva sempre i nostri nomi, ma eravamo già a quei tempi molto diverse: lei con i capelli sempre lunghi e ben pettinati, io tagliati dal papà, corti e comodi; io più sicura nonostante le apparenze, lei molto meno, ma io non lo capivo, così come non capivo che eravamo diverse per i genitori e per come ci crescevano. Ci vedevamo tutti i giorni a scuola, sempre il sabato pomeriggio per fare i compiti e giocare, spesso anche la domenica o in altri momenti(ho passato più di un capodanno a casa sua, con i miei e i suoi che ci tenevano impegnate con giochi in scatola fino alla mezzanotte e a me si chiudevano gli occhi), fino alla quinta elementare (quando ormai lei aveva già i primi fidanzatini e io ero ancora una bambina, felice di stare con le mie amiche e i miei libri - nessuno capiva quanto amassi leggere, da bambina, nessuno della mia età almeno. Avere conosciuto poi persone che erano felici di starsene in casa con un libro per ore mi fece improvvisamente sentire meno sola, anche se, obiettivamente, sola non lo ero mai stata - solitaria sì, ma quella è un'altra storia).

Siamo rimaste amiche anche durante le medie: anche lì eravamo in classe insieme, anche lì la prof di italiano ci aveva identificato subito come "le amiche del cuore", ma ormai non ci confondevano più: alla fine della terza media lei mi superava di statura forse di tutta la testa, e portava già il reggiseno (con il patrimonio genetico di una nonna con l'ottava, era doveroso), mentre io ero sempre tra i tre/quattro più bassi della classe, sempre magra, sempre piatta, e sempre con lo sguardo da bambina (poi l'estate leggevo Guerra e Pace, ma, appunto, questa è un'altra storia). Era in classe con noi anche V., che io conoscevo da ancora prima di D., che per fortuna era (ed è) bassa come e più di me, altrimenti mi sarei sentita proprio una nana: passavamo i pomeriggi a casa dell'una o dell'altra, crescendo senza accorgercene, passando le ore a giocare e poi a parlare, parlare, parlare (a casa di V. poi ci facevano fare la merenda con grissini e nutella, che libidine). E. era amica di V., e poi c'era A., e l'insopportabile I., e D. con cui litigavamo ma poi ridevamo, ci dava pizzicotti sul sedere (e io gli tiravo i calci negli stinchi, se lo ricordano ancora tutti), ma questa è un'altra storia e poi le iniziali cominciano ad essere davvero troppe.

Poi, per fortuna forse, ci siamo allontanate. Ci siamo iscritte a scuole diverse, presto abbiamo cominciato a farci nuovi amici e, soprattutto, ad avere interessi diversi. C'è stato un momento, forse in seconda superiore, in cui io cominciavo ad andare in giro con i miei compagni di classe, a sentire i gruppetti di gente della scuola che suonavano (discutibilmente) in posti discutibili; ascoltavo il punk rock e i primi Muse (ma non ancora il metal), studiavo moltissimo ma con piacere, ed ero appena entrata nel tunnel del Signore degli Anelli. Un pomeriggio mi ero trovata con D., come ai vecchi tempi, e lei aveva i jeans elasticizzati e il toppettino che le lasciava la pancia scoperta, una delle prime paia di sandali con la zeppa, mille sciocchezze per la testa, e... non avevamo più argomenti in comune. Non sapevamo cosa dirci, ci trovavamo reciprocamente noiose (lei però è sempre stata troppo carina per dirmelo). Diradammo le uscite, fino a non vederci più o quasi.

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