mercoledì 8 febbraio 2012

The Butterfly Effect

Prima parte (risalente a tre giorni fa).

Tempo fa seguivo un webcomic a volte volgare, altre sboccato, di tanto in tanto deprimente, molto sarcastico e spesso esilarante: Cheer Up Emo Kid.

Al suo autore, tale Enzo, va il merito di aver dato forma, su carta, al vero significato del modo di dire avere le farfalle nello stomaco.
The Joke Is Butterflies (29.10.2008)
Che, contrariamente a quanto può sembrare, non è affatto una sensazione poetica e delicata. Nel mio caso si è sempre accompagnata a stomaco chiuso, tachicardia (talvolta degenerata in quasi febbre), malessere diffuso.
The Joke Is Butterflies #2 (27.11.2009)

*

Seconda parte, riflessiva e malinconica, come piace a noi. (Potremmo anche chiamarla L'ultima notte felice del mondo).

Ogni lasciata è persa, dicono.

Però ogni tanto bisogna anche lasciare, no? Saper lasciar andare, e fare buon viso a cattivo gioco (ma quand'è che sono diventata questo pozzo di saggezza popolare non richiesta? Cos'è, un sintomo di vecchiaia precoce, o semplicemente del fatto che sono noiosa e non ho niente da dire?)

Non ho mai capito quelli che darei tutto per solo altri cinque minuti. Che senso avrebbe, cinque minuti passati ad angosciarsi per ogni singolo secondo che scivola via?

Cinque minuti non basterebbero in ogni caso per iniziare (e nemmeno cinque ore).
Meglio fare le persone mature, per una volta. Perché cinque minuti o cinque ore o anche tutto un intero, ultimo giorno non porterebbero a niente di più.

E non ti ho nemmeno salutato decentemente, maledizione. Niente adieu, ma nemmeno promesse di au revoir.

Je suis nulle, putain merde. Nulle, nulle, nulle.


E all'improvviso non ho più le farfalle nello stomaco. Non ho più niente, nello stomaco, e che faccio ora? E cos'era quella storia, degli erasmus senza sentimenti?! Ed è possibile che le parole sbagliate (giuste) di una canzone sbagliata (giusta) mi facciano addirittura piangere? (Io, piangere? Non scherziamo, please).


Il mio primo Thanksgiving, colpi di fulmine, atteggiamenti che neanche le quattordicenni, maglioni che pungono, la prima neve dell'inverno, troppo vino, clichés, guanti qu'on peut partager, il freddo che fa bene, baci improvvisi, risate di gola e sorrisi beffardi.


You have to let it, you have to let it go.


Perché una parte di me sa che tutto questo non vuol dire niente, che è una cottarella che passerà con la prossima pioggia, una fissazione che verrà scalzata da un'altra (Ma sarà la prima che incontri per strada che tu coprirai d'oro per un bacio mai dato, per un amore nuovo). Ma non stasera.

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