lunedì 15 ottobre 2012

Perché leggere "L'isola di Arturo"

Come fui sul sedile accanto a Silvestro, nascosi il volto sul braccio, contro lo schienale. E dissi a Silvestro: - Senti. Non mi va di vedere Procida mentre s'allontana, e si confonde, diventa come una cosa grigia... Preferisco fingere che non sia esistita. Perciò, fino al momento che non se ne vede più niente, sarà meglio ch'io non guardi là. Tu avvisami, a quel momento.
E rimasi col viso sul braccio, quasi in un malore senza nessun pensiero, finché Silvestro mi scosse con delicatezza, e mi disse: - Arturo, su, puoi svegliarti.
Intorno alla nostra nave, la marina era tutta uniforme, sconfinata come un oceano. L'isola non si vedeva più.

Elsa Morante, L'isola di Arturo

*

Soltanto per questo.

*

Davvero, nonostante mi senta un po' blasfema a dirlo: a me L'isola di Arturo non è piaciuto. La trama riesce a essere ad un tempo irreale e banale, i personaggi sono tutti antipatici, e la narrazione (dato che è fatta in prima persona dall'esaltato ex adolescente protagonista) è turbata da troppi puntini di sospensione e troppi punti esclamativi.

Però  la conclusione, quella sì. Quella salva tutto, e, per quella, ne vale la pena.



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