martedì 14 settembre 2010

"la parola amore"

Pronunciare la parola amore è imbarazzante. La lingua si ferma, come stanca di fare un percorso noto, che troppe volte è stato fatto e ormai non vuole più rifare. Come un suono troppo conosciuto. Come le cantilene che si pronunciano senza badare al significato. O come le preghiere che possiedono spesso una sacralità che perde ogni contenuto e diviene solo ritualità. C'è un momento, però, in cui una parola insalivata da troppe bocche, manovrata e slabbrata da troppe mani incaute, diventa immacolata. E non si capisce bene il motivo, non si potrebbe ripercorrere al contrario la strada per poterlo rifare. Accade e basta.

Roberto Saviano, Il contrario della morte (in Sei fuori posto).

Se ora smettessi di scrivere, sarebbe il terzo post consecutivo "non originale", tipo album dove la proba fanciulla ottocentesca raccoglie quelle frasi che dovrebbero indirizzarla e sostenerla sulla retta via della bontà. In realtà, penso che se fossi una fanciulla ottocentesca (sul proba non mi pronuncio) il mio album sarebbe fornitissimo di frasi d'autore da citare con charme (o pedanteria), però, ecco, a me piace ricordare parole, poesie e canzoni che mi hanno colpito, ma anche rifletterci su. Sull'articolo di Fava di sabato (che, fra doppie parentesi, mi ha salvato da una coda chilometrica dal panettiere) non c'era bisogno che aggiungessi altro: mi ha catturato ed emozionato, l'ho postato perché arrivasse al maggior numero possibile di persone (l'ho postato anche su facebook, ma con scarsi risultati - io però, intanto, ci ho provato); la citazione dal personaggio di John Keating ne L'attimo Fuggente (ma diciamo pure Dead Poets Society, che è meno oraziano, ma anche meno melodrammatico) è una di quelle frasi che mi ha colpito quando ero ancora una bambina (e forse devo a frasi come quella - e film, e libri - questa pervicacia verso "le cose inutili": le tante belle cose della letteratura, che però, figlia mia, non portano in tavola il pane...), insomma, per me non c'è bisogno che la commenti è una di quelle cose che si rovinano se ne parli.

Anche l'amore è una di quelle cose che si rovina se ne parli (troppo).
"...insalivata da troppe bocche, manovrata e slabbrata da troppe mani incaute": tutte le canzonette cantano di amore, tutti gli harmony (et similia) parlano d'amore, noi stessi sembriamo che non facciamo che pensare ad altro, persino nei film Disney c'è l'immancabile storia d'amore, tutti si amano e se lo ripetono continuamente: ti amo.
Tiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamo.

Vedete come perde significato? Come diventa prima stupido e poi brutto e poi vuoto, inutile e fastidioso. Solo segni e solo suoni, e "amore" ritorna ad essere quello che è nella convenzione della lingua, un "puro nome", alleggerito da tutto il peso di cui la mente umana l'ha rivestito.

Io diffido di chi dice troppe volte, a troppe persone "ti amo". Mi fa credere che non lo creda veramente, o, peggio, che creda di amare quando in realtà non è vero.

Ma non mi fido neppure di chi non lo dice mai.
Amare fa bene, e non solo al cuore, ma all'umore, alla mente, alla pelle e ai capelli. Fa bene al sorriso, allo sguardo e al guardaroba. Fa bene allo studio, al lavoro, alla musica e alla letteratura. Fa bene al giardinaggio, alle biciclette, alle code al supermercato, alle feste altrimenti noiose, alle pulizie di casa, ai sogni, al risveglio, e alle chiacchiere fra amici. E a tante altre cose. Anche quando amare fa male, io sono convinta che porti qualcosa di buono con sé. Amare fa bene, e fa bene dire ti amo. Dire "ti amo" a una persona per la prima volta è come tuffarsi dal trampolino più alto della piscina per un bambino di cinque anni. Siamo stati tutti quel bambino, la conosciamo quella paura e quell'esaltazione, il groppo alla gola e la voglia di piangere e ridere.

Chi non dice mai "ti amo" non si è mai tuffato dal trampolino più alto. Ha paura di se stesso più che degli altri, crede di poter camminare in equilibrio, sospeso sopra a un dirupo, senza sapere che, se si lanciasse nel vuoto, le sue ali lo farebbero volare.

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